lunedì 30 luglio 2012

Azienda leader ricerca mamme urgentemente...

Diventare genitori rende più intelligenti? Sembrerebbe di si'! 

   Questa almeno è la teoria che ci propone genitoricrescono*. La blogger di questo sito, infatti, sostiene che il tempo passato ad accudire il suo bambino l'abbia resa migliore in termini di efficienza: "più paziente, rapida nella gestione dei conflitti, campionessa del multitasking e ottima problem solver". Tutte doti che dovrebbero far gola ad un gran numero di aziende!

   Lo scopo di questo articolo è quello di dimostrare che i lunghi mesi passati in maternità non sono "tempo perso" lavorativamente parlando. Anzi, diventare mamme e papà ci aiuterebbe a sviluppare tutta una serie di qualità specifiche fondamentali per qualsiasi lavoro: dalla concretezza alla flessibilità, dall'affidabilità alle doti manageriali, dal senso dell'organizzazione allo spirito di adattamento...
La polemica non è inutile, anzi. L'idea è di proporre una prospettiva nuova, oggi ahime ancora completamente ignorata: valorizzare le donne che rientrano dalla maternità invece di marginalizzarle. 

   Ecco allora la proposta per un curriculum vitae originale, dove alla voce "esperienze lavorative" non sentiamo più il bisogno di giustificare con vergogna il periodo di "inattività" della maternità, ma dove fiere possiamo scrivere: 

  • Mamma a tempo pieno, contratto a vita. 
  • Competenze acquisite: Grande adattabilità, capacità organizzative, rapidità nella risoluzione dei problemi...

   Certo per permettere alle mamme di riprendere a lavorare serenamente, riconoscerne lo statuto e le qualità non è che un inizio, fondamentale ma non sufficiente. E' infatti necessario anche proporre alle donne degli orari di lavoro più flessibili, compatibili con gli impegni della famiglia. 
E si può fare ancora di più per esempio prolungando la maternità e rivalutando la paternità, cioè il periodo di congedo del papà alla nascita di un figlio.
Infine una proposta in termini di asili nido che corrisponda alla domanda resta senza dubbio la condizione sine qua non per sostenere il lavoro delle donne.

   Insomma una volta accertato che la maternità-paternità non è una malattia invalidante, ma una grande opportunità di crescita, ci rendiamo conto che c'è ancora molto da fare per rendere la nostra società più a misura d'uomo... e di bambino!




sabato 28 luglio 2012

Parto indolore I love you!

L'analgesia peridurale in Italia è garantita al 16% delle donne


Adamo ed Eva di Fernando Botero
Si legge nella Genesi che il Signore, dopo essersi accorto che Adamo ed Eva avevano disobbedito mangiando la mela del peccato, si avvicino' loro maledendoli con queste parole:


- Alla donna disse:
     "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue             gravidanze, con dolore partorirai figli."


                    All'uomo disse:
"...maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita." -
(Genesi 3)

Ora, avete già visto un uomo privarsi delle meravigliose tecnologie agricole per trarre il cibo dalla terra con dolore? E allora perché noi donne dovremmo privarci della meravigliosa invenzione dell'epidurale che ci solleva dai dolori del parto? Perché c'è ancora tanta resistenza e diffidenza nei confronti del parto indolore? Che sia una questione culturale? E se a partorire fossero gli uomini?... 

Provocazioni a parte, scrivo questo per sostenere la causa dell'epidurale in Italia, perché il parto in analgesia sia garantito a tutte le donne 24 ore su 24 e gratuitamente.

Informazioni più dettagliate sull'epidurale si possono trovare qui:
AIPA (Associazione italiana parto in analgesia): www.aipa-italia.it
O.N.DA (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna): www.ondaosservatorio.it
Venite a firmare la petizione su: www.firmiamo.it/analgesiaepiduralegratuitaegarantita

martedì 10 luglio 2012

Higgs e la particella di Dio











Il bosone di Higgs

C'era una volta un signore con la barba lunga e bianca che viveva solo come un cane nel bel mezzo del niente assoluto. Allora Dio, questo era il suo nome, siccome nel nulla si annoiava mortalmente si invento' l'universo. Creo' così il fuoco, l'acqua, la terra, l'aria, le piante, gli animali, l'uomo e tutto il resto. Ci mise sei giorni e il settimo, stanco ma soddisfatto, si riposo'...
Ecco una delle mie storie preferite: quest'uomo barbuto, da bambina, mi affascinava quanto il principe azzurro e l'incredibile creazione dell'universo mi appassionava più dei viaggi di Gulliver. Mi piaceva soprattuto perché, anche se piccola, mi faceva sentire parte di un disegno, di un progetto divino.
Ma oggi, che qualche scienziato pazzo ha trovato il tassello mancante alla fisica contemporanea, quell'ultima particella fondamentale che dà origine alla materia e che è dunque alla base di tutto, cosa diro' a mia figlia?
Si può' raccontare una storia che abbia per protagonista il bosone di Higgs e sia ambientata in un acceleratore di particelle? Forse. E se capisse subito che non siamo altro che l'incontro fortuito di qualche elemento microscopico? E peggio, se  un giorno mi chiedesse chi ha dato origine a queste particelle? 
C'era una volta un signore con la barba lunga e bianca...

giovedì 5 luglio 2012

mercoledì 4 luglio 2012

"Tutto è linguaggio"

Una manciata di anni fa, un ometto dagli occhi scuri scuri che parlava la lingua di Molière mi fece scoprire un terreno inesplorato, a me completamente sconosciuto: quello della psicanalisi infantile. 
Ignoro per quale assurda ragione questo individuo appena conosciuto, affetto da una grave allergia alla scuola che fin dalla primissima infanzia lo costringeva a scorrazzare per i campi di calcio durante le ore di lezione, mi abbia messo in mano un giorno un libro di Françoise Dolto. Fatto sta che qualche anno più tardi questo strano individuo mi ha resa madre di nostra figlia e chissà cosa ci riserva ancora il futuro... 2, 3, 4... va beh non esageriamo!
Il titolo del libro in questione, rivelatore emblematico del pensiero di Françoise Dolto, pediatra, psichiatra e madre indiscutibile della psicanalisi infantile è "Tout est langage", letteralmente tutto è linguaggio.




   Al bambino, secondo questa affermazione, bisognerebbe dire tutto. Più precisamente tutta la verità. Nessun argomento è tabù quando si parla con i bambini, nemmeno la morte o la malattia. Non si nasconde ad un bambino la morte di una persona cara per esempio la nonna. Sarebbe sbagliato dirgli, come si sente fare spesso, che la nonna è partita per un lungo viaggio perché cosi' lasciamo il nostro bimbo ad aspettare Godot, visto che lo sa che da un viaggio si torna e si porta anche qualche bel souvenir... Bisogna tra l'altro tener presente che spesso il bambino sa già come stanno le cose (l'ha sicuramente sentito finché la mamma parlava sotto voce al telefono col papà*...), e finge di credere alle nostre bugie per paura di contrariarci. Ma lo mettiamo cosi' in una posizione molto scomoda. Per non farlo soffrire lo facciamo soffrire due volte.

   E non bisogna nemmeno pensare che ci sia un'età alla quale si può iniziare a parlare ad un bambino. Non sappiamo come un bambino appena nato (e anche prima!) capisca, o meglio colga, quello che gli viene detto. Ma di fatto  quando un bambino viene rassicurato verbalmente su una certa situazione ne trova giovamento. Per restare sullo stesso esempio si può dire ad un bambino appena nato (e insisto: anche prima) che ha perso la nonna: "la mamma è molto triste perché la nonna non c'è più, ed è dispiaciuta di farti sentire la sua sofferenza ma in questo momento non può fare altrimenti" il bambino è senza dubbio più calmo e sereno di un bambino che percepisce il dolore della madre senza che questa glielo abbia spiegato. Ditemi che questa non è comprensione?!... Ed anche se la notizia data è tremenda, il bambino ha più risorse di un adulto per superarla se gli viene spiegata con parole adatte alla sua età e al suo grado di maturità.

   Certo ai bambini si può anche dire "questa cosa non ti riguarda", per esempio se i genitori litigano non c'è motivo di spiegargliene le ragioni, mentre è fondamentale dire che la mamma e il papà sono in un momento in cui non vanno d'accordo, ma che lui non c'entra niente e che anche se l'amore tra la mamma e il papà può' finire, quello verso di lui resterà sempre intatto. Questa spiegazione evita al bambino il calvario del senso di colpa, perché tutti i bambini quando sentono litigare i genitori credono che sia a causa loro e temono di essere abbandonati (non è successo anche a noi?). La cosa da evitare quando c'è "maretta" in casa è il silenzio o la nonchalance, il far finta di niente, perché questo impedisce al bambino di progredire.

   Certo qui ho portato esempi un po' estremi, proprio per sottolineare che si può dire tutto. Ma il discorso vale anche per cose più' banali e quotidiane. Si racconta al bambino quello che facciamo quando lo laviamo, lo cambiamo, gli prepariamo da mangiare... Gli si dice dove lo portiamo quando usciamo, ma non così come se parlassimo al vento: ci avviciniamo, lo guardiamo negli occhi e gli diciamo "andiamo dal dottore-dalla baby-sitter...", così ha il tempo di prepararsi all'evento e si sente partecipe, importante, non un pacchetto da portare qua e là... 


   I bambini hanno bisogno di essere rassicurati, ma solo la verità li rassicura. Imbrogliarli o tenerli allo scuro, anche se pensiamo di farlo per il loro bene, li mette in difficoltà e ne compromette lo sviluppo.


* A proposito di quanto i bambini, anche piccoli, ascoltino attentamente i discorsi dei grandi: qualche settimana fa, mia figlia di quasi un anno e mezzo, stava giocando nel salone con degli amichetti e sembrava davvero concentratissima sul suo gioco. Nel frattempo io parlavo con altre mamme del più e del meno ed in particolare del come abbandonare il pannolino. Qualche secondo più tardi mi giro e mi ritrovo il grillo (mia figlia) li' davanti, che mi guarda: era andata a prendere il vasetto e me lo tendeva. Ma tu non stavi giocando?...


lunedì 2 luglio 2012

Io Tarzan tu Jane... e poi? - Sull'educazione

Dunque ci siamo! Dopo cinque minuti di copulazione, nove mesi di attesa e dodici ore di travaglio (ditemi se questa è giustizia?!) il bimbo è finalmente arrivato... Siamo diventati genitori.  Anche il dizionario ci dà ragione, per essere genitore basta riprodursi, genitore è infatti "colui che genera, che dà vita". Io Tarzan, tu Jane... 
Eppure, una volta esaurito l'atto più o meno frenetico del riprodursi, spente le urla soffocate della partoriente, esploso il grido sincero di chi è appena nato ed ha già compiuto il viaggio più lungo della vita... cosa resta di questa misera etimologia? Poco. E chi glielo spiega ora ai poveri Tarzan e Jane quello che bisogna fare? Hanno imparato a cambiare i pannolini, a sterilizzare i biberon, a camuffare le occhiaie, persino ad aprire un lettino da campeggio... ma basterà? Perché in effetti, quello che non ci dice il dizionario è che il termine genitore implica e sottintende quello di educatore, e qui le cose rischiano di complicarsi un po'.  
Il punto allora è definire cosa significa educare. Per rispondere parto da un presupposto. L'educazione non è un qualcosa che si inculca o che si impone, ma qualcosa che deve scaturire dal bambino stesso (Maria Montessori), come un percorso che il bimbo fa per diventare grande, fino ad arrivare a capire da solo le cose possibili e quelle non possibili. Il ruolo del genitore è quello di accompagnare il bambino in questo cammino. Come? Aiutandolo a diventare autonomo.  Essere genitore cioè non vuol dire fare tutto al posto del bambino perché non gli manchi nulla. Questo significa renderlo dipendente e ciò' è dannoso per lui e per il suo sviluppo. Il genitore-educatore insegna al bimbo come fare da solo, come arrangiarsi. Mettendo come unico limite tutto ciò' che può' essere pericoloso per lui o per gli altri. E poco importa se mangiando lo yogurt disegna un Picasso o se impiega due ore per mettersi un paio di scarpe (insomma una sola e nel piede sbagliato...).
Certo ogni bambino ha poi la sua specificità, ma le linee generali possono essere comuni e fanno capo all'idea che il bambino, prima di essere tale, è una persona con le sue idee, i suoi umori e la sua personalità. 
Personalmente penso che l'educazione di un bambino non si improvvisi, ma si impari ed è un peccato che non venga insegnata a scuola tra un'ora di fisica e una di filosofia o in qualche corso pre-post-parto, perché l'educazione dei bambini è di fatto alla base della nostra società. I nostri figli sono gli adulti di domani, i cittadini del futuro. Eccovi allora lasciati con una bella responsabilità (leggi anche gatta da pelare...).