Da qualche settimana facciamo l'esperienza della baby-sitter o, come la chiama Emma con il suo accento francese, Tatà! E con questa anche l'esperienza dei pianti disperati al momento della separazione. Cosi' ho iniziato a pormi il problema di come evitare questi urli che mi facevano soffrire. Dopo molte riflessioni, pero', mi sono resa conto che questi pianti non andavano affatto evitati, che erano assolutamente normali anzi necessari.
In effetti era a me, mamma perfezionista che vorrebbe che tutto andasse sempre per il verso giusto, che questi pianti non piacevano, Emma invece ne aveva bisogno: era il suo modo di esprimere la sua tristezza, il suo disagio di fronte ad un cambiamento che non aveva scelto, che le era stato imposto.
Cosi' ho iniziato, al momento del pianto, a sussurrarle dolcemente all'orecchio cose del tipo: "lo so topolino che sei triste, che vorresti stare con la mamma, LO CAPISCO, ma la mamma deve andare a lavorare e allora tu resti a giocare con Tatà e stasera la mamma ti viene a prendere...". Allora Emma si è sentita capita, i pianti non sono cessati miracolosamente, ma si calmano di giorno in giorno ed ho speranza che col tempo... Già, il tempo: il tempo di cui lei aveva bisogno e che io non ho saputo accordarle. Volevo così' tanto che le cose andassero bene da subito che non ho preso il tempo di ascoltarla, di capire il suo disagio, di accettare i suoi pianti e di aiutarla a superarli.
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