domenica 8 dicembre 2013

Quando il bambino è violento, tra pulsione e morale...

Non parlo qui dei bambini costantemente violenti che mordono e picchiano in continuazione e senza motivazione apparente visto che questo comportamento è in genere l'espressione di una sofferenza particolare e va analizzato singolarmente, caso per caso, da un esperto.

Parlo di un comportamento normale caratterizzato da una certa aggressività, che tocca chi più chi meno tutti i bambini. Anche mia figlia ogni tanto spinge e infastidisce gli altri bambini per esempio quando siamo al parco. Questa situazione è spesso vissuta con imbarazzo e con difficoltà da noi genitori che non sappiamo più come fare per frenare gli istinti brutali del nostro piccolo demonio… A chi non è mai successo? E allora che fare?

A volte per fermare un bambino che ha un comportamento aggressivo gli si dà una sberla con l'intenzione precisa di fargli capire che non deve farlo più. Personalmente non credo che un bambino possa comprendere qualcosa da un messaggio così palesemente illogico e contraddittorio.

Altre volte si decide di punirlo. Ma la punizione ha una connotazione morale: "sei stato cattivo, ti punisco perché devi essere buono". Il punto è che il bambino non usa violenza per cattiveria, lo fa perché è spinto da una pulsione, un desiderio di farlo che non è per lui né buono né cattivo, ne ha voglia e basta.

Certo il nostro ruolo di adulti è di fargli capire che non può farlo, ma come? Io penso che per prima cosa sia importante porre una regola chiara, rivolgendosi al bambino in modo fermo ma senza rabbia, abbassandosi alla sua altezza (perché si sa, le cose imposte dall'alto…) dicendo ad esempio "è vietato picchiare" o "non devi tirare i capelli". Si può aggiungere una spiegazione "perché fai male all'altro bambino". Essenziale è anche mettere delle parole sui suoi gesti perché il bambino non sa farlo, non sa ancora spiegarci le ragioni della sua aggressività e se noi lo facciamo al suo posto si sentirà capito: "so che è più forte di te, che hai tanta voglia di spingere ma non puoi farlo è vietato". Con i più recidivi si può aggiungere: "finché non riuscirai a controllarti da solo, resto vicino a te, per fermarti e aiutarti a non farlo più". Certo per l'adulto tutto ciò comporta uno sforzo di pazienza e di autocontrollo enorme e a volte logorante, ma non dobbiamo dimenticare che se per noi le regole poste sono semplici, per il bambino sono pietre miliari molto difficili da integrare e che in definitiva lo sforzo chiesto a lui è nettamente superiore al nostro!

Infine obbligare il bambino a chiedere scusa non ha una grande importanza per lui, visto che resta nell'ambito della morale "sei stato cattivo chiedi scusa". Questo può avere piuttosto un interesse per il bambino rimasto vittima che si sente riconosciuto nel danno subito, ma la cosa si risolve ancora meglio se è l'adulto a dire "piangi perché ti ha fatto male, non ha il diritto di spingerti e non lo deve fare più". Anche qui si tratta di mettere delle parole sui sentimenti che il bambino non sa ancora esprimere.

Insomma il bambino non va pensato come un adulto in miniatura perché non ha ancora in lui il concetto di morale, di buono e cattivo. Sta a noi aiutarlo a superare le diverse e difficilissime fasi della sua crescita senza giudicarlo, senza mettergli facili etichette (facili da mettere, difficilissime da togliere "sei un bambino cattivo", "sei un bambino manesco"…) e rispettandolo sempre e comunque in quanto persona in miniatura.

martedì 17 settembre 2013

E' faticoso frequentare i bambini...

Dite:
E' faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
Perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E' piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.

Janusz Korczak

domenica 18 agosto 2013

Sculacciata e educazione

Qualche anno fa vidi in Italia una trasmissione Rai nella quale si parlava, con fare abbastanza disinvolto, di un fatto avvenuto ad un nostro connazionale in vacanza in Svezia. Quest'uomo, un padre di famiglia qualsiasi, era stato prontamente denunciato e arrestato per  aver dato, in pubblico, uno schiaffo al figlio. I giornalisti Rai raccontavano la cosa con stupore e ironia, proprio come fosse una cosa assurda, sorridendo divertiti della reazione spropositata della polizia svedese per un fatto di così poco conto.
All'epoca non ero ancora madre, ma in quanto figlia e al di là delle risatine dei giornalisti, questa storia non mi è sembrata per niente assurda. L'ho lasciata li' a depositare in un qualche cassetto polveroso della mia memoria per ritirarla fuori al momento opportuno, quando cioè anch'io sarei diventata genitore. Ed eccoci al dunque...

Picchiare un figlio è il diritto di un genitore? La sculacciata è educativa?

Al di là delle usanze o degli slogan in difesa dell'infanzia per me picchiare un bambino è una vergogna e non fa parte di un progetto educativo.

Proverò a spiegare il perché.

Dicevo, la violenza fisica procurata ad un bambino non ha nulla a che vedere con l'educazione. Picchiare un bambino è animale. Gli animali usano la violenza contro i loro cuccioli perché non hanno la parola. 
Ora, che un genitore che non ce la fa più, che è al limite della sua pazienza e sopportazione possa dare una sculacciata, credo si possa comprendere, ma questo non significa che lo fa per educare il figlio.
Io stessa mi sono resa conto che quando sono a due dita dal mollare una sberla a mia figlia è perché non ce la faccio più, ho i nervi a fior di pelle e ho fisicamente bisogno di dagliela, per sfogarmi. Non lo faccio cioè per lei, per educarla, ma per liberarmi e scaricarmi. 

Françoise Dolto consiglia alle madri che si sentono eccedere dal comportamento dei loro figli, di prendere un cuscino e di picchiarlo dicendo al bambino "ecco cosa mi fai venire voglia di farti", a questo punto il bambino capisce quello che sta succedendo e in genere le cose si calmano. Al contrario il bambino che viene effettivamente picchiato non capisce assolutamente quello che succede perché in realtà, secondo la psichiatra, il bambino gode nell'essere picchiato dalla madre. In effetti la sculacciata provoca delle sensazioni genitali, una goduria orgastica nel bambino. In questo modo il bambino che viene sculacciato fa in genere di tutto per essere picchiato ancora e si cade in un circolo vizioso. C'è dunque molto poco di educativo nella sculacciata e ancor meno nelle sberla che invece è umiliante e spinge il bambino verso derive masochiste. E' quindi importante resistere ad un bambino che ci fa uscire dai gangheri, non picchiarlo e spiegargli quello che sentiamo, al limite sfogarci su un oggetto e mettere delle parole sulle nostre azioni perché il bambino capisca. 
Certo se capita di usare violenza (e puo' capitare!) bisogna sapersi scusare e spiegare al bambino che ci ha fatto andare fuori di testa con il suo comportamento.
In conclusione, secondo me, picchiare un bambino, non è un modo di  insegnargli a crescere e diventare grande ma, al contrario, ha degli effetti perversi e devastatori sul suo sviluppo.

Un'ultima frase di Dolto per far riflettere: "ma come potrebbe una persona umana decidere di picchiare un bambino se non perché è repressa nella propria libidine?"

Dans le pays de la fessée interdite - Doc ARTE
Les étapes majeures de l'enfance - F. Dolto

domenica 28 luglio 2013

La sicurezza dei bambini in acqua - Salvagente o libertà?


Lo so, dovrei essere chiusa per ferie visto che siamo a fine luglio e invece sono ancora qui, si vede che il caldo mi ispira (a questo punto il lettore non è autorizzato a sperare che le temperature si abbassino drasticamente...)!

E visto che proprio a causa dell'afa i nostri bambini trascorrerebbero tutto il tempo a mollo (e noi con loro!) vorrei passare in rassegna i diversi supporti proposti in commercio per "assicurare" il bagno al mare o in piscina dei più piccoli.




Salvagenti, braccioli, costumi con salvagente incorporato, gilets, cinture galleggianti... i produttori si sbizzariscono. E noi, poveri genitori in erba, cosa scegliamo? Il più caro, sarà sicuramente il migliore? Il classico salvagente, niente di meglio che la tradizione? Prendo tutto cosi' son sicuro di non sbagliare? A ciascuno il suo modo di ragionare. Io, per non saper né leggere né scrivere, ho cercato di informarmi ed ecco qui quello che ho trovato.

L'indicazione principale che ho potuto leggere è che la prima cosa da escludere è proprio la più costosa: i costumi salvagente. In effetti, nonostante possano sembrare pratici e sicuri, sono il supporto più pericoloso perché se il bambino si rovescia a testa sotto ha praticamente zero possibilità di rigirarsi da solo. Detto questo, a partire dai sei mesi i salvagenti con la mutanda sembrano essere i più sicuri e stabili (ma anche qui attenzione ai ribaltoni). Dai due anni, o quando il bambino è capace di stare sdraiato mantenendo la testa, vanno bene i braccioli. Per i tre-cinque anni va bene il salvagente classico magari con aggiunta di braccioli per i genitori più scrupolosi (o ansiosi?! si' lo ammetto, io faccio cosi'...). La cintura infine, da scegliere in base al peso, va bene per i più grandi, a partire dai 5 anni.

Alla fine di questa rassegna più o meno completa pero', mi pongo un'ultima domanda, forse la sola davvero sensata:

E se questi strumenti servissero solo a rassicurare mamma e papà? E se al bambino non servisse niente di niente? Lasciare il bambino scoprire l'acqua poco a poco fin da piccolissimo, insegnargli a mettere sotto la testa senza paura, trasmettergli le basi essenziali del nuoto (un bambino appena nato puo' già imparare a galleggiare) e stargli vicino per rassicurarlo (e sorvegliarlo certo) è forse la cosa migliore. 
Probabilmente gli altri genitori, vedendoci in acqua con i nostri figli senza scafandri, catarifrangenti e galleggianti vari, prenderanno sotto braccio nostra suocera chiamandoci matti e incoscienti! Io non so se mi sento ancora pronta per questo passo, ma credo ci riflettero'...

sabato 27 luglio 2013

Far rivivere il momento della nascita

Oggi voglio parlarvi di un oggetto che a me piace molto. Un gioco così semplice da sembrare banale. In realtà si tratta di un vero e proprio strumento terapeutico, di grande impatto per il bambino. 
Eccolo qui:




Già, un tunnel semplice semplice e divertentissimo!


Lo invento' Françoise Dolto, verso la metà del '900 ed è una delle sue invenzioni più belle. Ho già parlato altrove su questo blog (vedi etichette) del contributo fondamentale che Dolto ha dato alla psicanalisi infantile a partire dal secondo dopoguerra (e ve ne parlerò sicuramente ancora!!). Questo strumento lo realizzo' all'ospedale Trousseau dove lavoro' per quasi 40'anni in una situazione di semi-clandestinità, praticando consultazioni gratuite, o quasi. I bambini in terapia infatti erano tenuti a portare soltanto un piccolo oggetto, per esempio un sassolino, che simbolizzasse il loro desiderio di partecipare alla terapia. Ma questa è un'altra storia...

E' ad ogni modo in questo clima di grandi libertà e originalità intellettuali che realizza le sue scoperte più importanti sull'inconscio del bambino e crea questo famoso tunnel: uno strumento in grado di riprodurre l'esperienza del vissuto regressivo della nascita. Si tratta, come vedete nella foto, di un tunnel di colore scuro inanellato che il bambino deve attraversare da parte a parte.


Da un punto di vista psicanalitico, attraversando il tunnel, poco a poco il bambino riproduce e ripara il momento della nascita soprattutto se questa è avvenuta in maniera traumatica. Rivivendo in maniera simbolica la nascita (essere in un tunnel buio, bloccati e cercare di uscire senza possibilità di fare marcia indietro, attraversarlo piano piano a quattro zampe, in posizione quasi fetale) il bambino ricostruisce inconsciamente questo momento traumatico, il primo evento doloroso della vita, e puo' superare eventuali turbamenti.

Io l'ho provato sia in quanto mamma sia come tagesmutter e devo dire che ogni volta che lo tiro fuori la curiosità del bambino è subito risvegliata. Qualcuno ha paura ad entrare, altri si gettano dentro e poi sembrano non riuscire più ad uscire, ma piano piano ogni bambino impara a conoscere e a capirne il funzionamento e il divertimento è assicurato!

A me piace davvero tanto, in genere non do' consigli, ma questo lo consiglio davvero a tutti (una volta piegato diventa una sottiletta e si infila dietro una porta o un armadio e il costo è davvero modico intorno ai 15 euro)!

Ho letto che anche Salvador Dali', affascinato da questo oggetto, abbia cercato un giorno di attraversarlo, senza riuscirci...

sabato 1 giugno 2013

Se a partorire fossero gli uomini...

Se a partorire fossero gli uomini:

1. La gravidanza durerebbe al massimo 15 giorni e solo in periodo di pausa del campionato calcistico;

2. Ci sarebbe un vaccino contro nausee, stanchezza e mal di schiena;

3. L'anestesia peridurale sarebbe assicurata e gratuita in tutti gli ospedali del mondo;

4. La vescica si troverebbe a distanza adeguata dall'utero e potrebbero fare pipì in piedi (ah no scusate questo privilegio già ce l'hanno!);

5. L'episiotomia sarebbe un super alcolico "cameriere un'episiotomia per favore (si certo, con ghiaccio...)";

6. I bambini sarebbero programmati per non svegliarsi di notte;

7.  Le protesi al seno sarebbero rimborsate dalla mutua;

8. Un gruppo di ingenieri avrebbe inventato un robot che pulisce il pavimento, rifà il letto, stira, fa da mangiare...;

9. Avrebbero diritto a una giornata di riposo una volta a settimana (noi ci dobbiamo accontentare di una mezza giornata per trimestre);

10. Ma se a partorire fossero gli uomini, noi donne troveremmo comunque il modo di lamentarci...

giovedì 9 maggio 2013

La moda a modo mio

Pomeriggio di shopping con mia figlia, 2 anni e mezzo.

Indecisa sul colore del maglione le chiedo: "Grillo, aiutami, tu quale preferisci il verde o il blu?" E lei col fare deciso di chi sa mi indica il blu e dice: "verde"...
Ma come farei senza di te?!

mercoledì 1 maggio 2013