giovedì 29 novembre 2012

Allattamento - Sfatare un mito per salvare una madre

So che quello che sto per scrivere potrà risultare un po' impopolare.
In effetti da qualche anno medici, ostetriche, pediatri, voci da ogni dove.... ci insegnano, in gran parte a ragione, che l'allattamento al seno è la cosa migliore per il bambino. Certo le virtu' del latte materno sono incontestabili. E beate tutte le mamme che hanno la fortuna di vivere questo momento come un privilegio.

Pero' non tutte le mamme sono uguali.

Quando mia figlia è nata mi hanno riempita di opuscoli, incontri e consigli vari sui benefici dell'allattamento al seno. E come ogni giovane mamma la sola cosa che volevo era dare il meglio al mio bambino. Così, appena uscita dalla sala delle torture (civilmente chiamata "sala parto"), mi sono slacciata un po' titubante la camicetta da notte per tirare fuori questo seno enorme e pieno che non riconoscevo nemmeno più. Subito, quell'esserino appena uscito dal mio ventre ma che restava per me ancora uno sconosciuto,  si è messo a succhiarlo avidamente, come se fosse cosa sua. Dopo nove mesi di comodato il mio corpo vedeva rimandato a data da definirsi il giorno della sua restituzione. Fin da subito qualcosa non andava: il dolore, la richiesta della poppata costante ed estenuante giorno e notte e il dubbio sempre terribile di non sapere se avesse mangiato abbastanza mi annientavano.
Poco a poco l'allattamento sublime ed etereo dei volantini di propaganda, mi aveva prosciugata... psicologicamente. I seni sempre doloranti, le simpaticissime secrezioni che si accompagnano a quei confortevolissimi cuscinetti (in alternativa alle areole sulla maglietta), per non  parlare dell'effetto devastante che questi inconvenienti hanno sotto le lenzuola... Non riuscivo più a sentirmi donna e soprattutto non riuscivo a sentirmi libera. Allattare mi soffocava, sapere di essere indispensabile per mia figlia mi opprimeva. Anche il lato un po' "animale" dell'allattamento, che molte donne vivono con naturalezza, mi metteva a disagio, mi sentivo un po' una vacca da mungere. Invidiavo la semplicità con cui molte donne allattano in pubblico, visto che io non riuscivo a farlo. Mi sentivo colpevole di non essere in grado di vivere questo momento definito da tutti "naturale" (leggi "giusto"), in maniera normale. A salvarmi, al di là dei medici e dei miei sensi di colpa, è stata mia figlia che ad un certo punto non ha più voluto prendere il seno. Aveva solo qualche settimana, ma aveva capito forse prima di tutti che l'allattamento non era la cosa migliore per me. Ed io, superata con fatica la delusione del fallimento, mi rendevo infine conto che la sua felicità passava per la mia. Ad un seno dato da una madre esausta mia figlia ha preferito un biberon dato da una mamma felice: appagata del suo divenire mamma e del suo sentirsi di nuovo donna libera.

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